I prezzi del petrolio sono aumentati a livello mondiale del 6% negli ultimi giorni. Questo aumento è in gran parte spiegato con la conclusione di un accordo internazionale firmato a Vienna da parte di alcuni paesi produttori di petrolio, teso a ridurre la produzione per poter quindi far aumentare la sua quotazione.
Questo accordo è stato concluso tra l'OPEC (Organizzazione dei Paesi Esportatori di Petrolio) e undici paesi produttori non membri, tra cui la Russia, il Messico, Kazakistan, Malesia, Oman, Azerbaijan, Bahrain, Guinea Equatoriale, Sud Sudan, Sudan e Brunei. Questi paesi insieme rappresentano il 60% della produzione mondiale di petrolio nel mondo.
L'accordo raggiunto è quello riguardante una riduzione della produzione di petrolio pari a 558.000 barili al giorno, esclusi i paesi membri dell'OPEC, che avevano già firmato tra di loro a fine novembre un patto di limitazione che portava ad una riduzione di 1,2 milioni barili al giorno. Questo patto ha una durata di sei mesi, e sarà applicato a partire dall'inizio del 2017, e potrà quindi essere rinnovato, se questa strategia di limitazione consentisse un aumento reale dei prezzi del barile.
L'obiettivo dell'accordo di Vienna è infatti quello di consolidare l'aumento dei prezzi del petrolio, in caduta dal 2014, a fronte di un aumento della capacità produttiva e della concorrenza del gas di scisto da parte degli Stati Uniti. Questo accordo ha avuto degli effetti immediati fin dalla sua firma, il Brent, il punto di riferimento europeo, ha guadagnato fino al 6,55% a 57.89 dollari, quindi il livello più alto dal novembre 2015. Il WTI, il punto di riferimento americano, ha preso da parte sua fino al 5,84% a 54,51 dollari.
Verrà istituito un comitato di sorveglianza di questo accordo, e includerà paesi membri e non membri dell'OPEC per prevenire una possibile infrazione degli impegni relativi alle quote contenuti nell'accordo.
Per Mohammed Barkindo, segretario generale dell’OPEC
"Si tratta di un incontro assolutamente storico che porterà l'economia mondiale e aiuterà alcuni paesi dell'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) a raggiungere i propri obiettivi di inflazione".
Questa è la prima volta che viene preso un impegno di tale portata, coinvolgendo così i membri dell'OPEC e altri paesi produttori di petrolio.
L'esatta distribuzione di questa diminuzione tra i diversi attori non è ancora nota, tuttavia la Russia ha già annunciato che diminuirà la sua produzione di 300 000 bpg (barili per giorno). Tuttavia, tale annuncio deve essere sfumato dal momento che il paese ha raggiunto questo autunno il suo più alto livello di produzione con 11,2 milioni di barili al giorno, che, secondo gli analisti, relativizza la portata dello sforzo proposto.
L'Arabia Saudita, da parte sua ha dichiarato che si impegnerò verso una diminuzione ancor più forte di quella prevista nel contratto, con una produzione che sarà inferiore ai 10 milioni di barili al giorno, livello di produzione superato dal paese dal marzo 2015.
Alcuni analisti, tuttavia, rimangono scettici riguardo a questo accordo. In effetti, anche se l'impegno è stato preso a livello nazionale, chi compenserà le perdite delle compagnie petrolifere private? Inoltre, queste riduzioni avvengono dopo dei record di produzione e non sono quindi così significative se messe in relazione con la produzione mondiale complessiva. E' anche possibile che alcuni paesi produttori utilizzino l'accordo di Vienna come un'opportunità che permetta loro di mascherare il calo della produzione dovuto ad un esaurimento delle loro risorse petrolifere.
L'accordo firmato tra i paesi membri dell'OPEC e altri undici paesi produttori di petrolio è storico a causa della sua portata, resta ora da vedere quale sarà l'esito di questo processo sulle quotazioni del petrolio nei prossimi mesi.